IL VALORE DELLA LETTURA
- Rita Di Vito
- 27 ago 2020
- Tempo di lettura: 9 min
Aggiornamento: 2 set 2020
Ciao lettrici e lettori, benvenuti nel mio blog! Questo è il mio primo post, la prima tappa di un percorso che spero durerà a lungo, Questo progetto significa molto per me, significa condividere una parte del mio essere e della mia quotidianità con voi.
Vorrei iniziare con una mia riflessione sul valore della lettura e su quanto significhi per me leggere, che spero possa aiutarvi a comprendere la profonda passione che mi ha spinto ad intraprendere questo cammino. Non mi resta che augurarvi buona lettura!

I libri mi hanno sempre fatto compagnia.
Quando in prima elementare fingevo di leggere solo per poter restare con la luce accesa e combattere la mia tremenda paura del buio. Quando mi sono appassionata a poco a poco, e tra quelle pagine ho imparato a conoscermi. Quando a sette anni preferivo starmene accanto al fuoco con il naso immerso in un libro piuttosto che guardare i cartoni. Quando a otto, invece, nelle assolate giornate estive andavo da mio nonno nell’orto e ascoltavo lo scrosciare dell’acqua con cui innaffiava le piante mentre, con la mente, ero su una calda spiaggia tropicale o su un veliero a combattere i pirati. Quando ho comprato la mia prima libreria, l’ho riempita di disegni e volumi colorati e la lucidavo ogni giorno, perché la consideravo il tesoro più grande che avrei mai potuto possedere. Quando, ad ogni Natale o compleanno, il regalo che più di ogni altro aspettavo con ansia era quella busta di cartone con su scritto “Mondadori”, che conteneva quel libro che desideravo da mesi. Quando è morto mio nonno, e preferivo rifugiarmi nell’abbraccio delle pagine piuttosto che affrontare il dolore lancinante che mi attanagliava il petto. Quando dopo aver finito un libro cerco di dormire, ma le parole restano lì, aggrappate alle palpebre, i pensieri turbinano vorticosamente, e vorrei metterli a tacere, ma sono loro che mettono a tacere me. Quando ho conosciuto gli amici che mi hanno cambiato la vita, e mi sono avvicinata a loro semplicemente facendo ciò che mi riesce meglio fare: parlare di libri. E se quella volta condividendo con qualcuno la mia passione ho avuto fortuna, anche oggi voglio sfidare la sorte.
Voglio che per un momento tu che leggi queste parole entri a far parte del mio piccolo universo, voglio farti conoscere il mio piccolo infinito, fatto di pagine, parole, frasi, carta e magia. Non c’è cosa più bella che conoscere il mondo di una lettrice. Trova una lettrice. Saprai che lo è perché avrà sempre un libro ancora da leggere nella sua borsa. È quella che guarda amorevolmente sugli scaffali di una libreria, quella che tranquillamente emette un gridolino quando trova il libro che vuole, quella che non può resistere all’odore delle pagine, specialmente quando sono gialle. Lei è la ragazza che legge mentre aspetta gli amici seduta su una panchina o in un caffè. Falle sapere ciò che tu davvero pensi di Jane Austen. Vedi se sta leggendo il primo capitolo del Piccolo Principe o dei Promessi Sposi. Cerca di capire se le è davvero piaciuto Dostoevskij o lo dice solo perché suona intelligente. Chiedile se ama Alice o se vorrebbe essere Alice. Parlale senza vergogna del tuo amore per Proust o per i romanzi rosa, dille che la tua vita non sarebbe la stessa se non avessi letto Cime tempestose o la saga di Shadowhunters. Regalale libri per il suo compleanno, per Natale, per Pasqua. Falle il dono delle parole, della conoscenza, falle sapere che tu comprendi che le parole sono amore. Lei sa la differenza che c’è fra i libri e la realtà ma ogni giorno cerca di rendere la sua vita un po’ più simile al suo libro preferito. Lei cerca di vedere la magia in ogni cosa, cerca di scorgere la scintilla dell’amore negli occhi di una coppia di fidanzati o la felicità nell’abbraccio di due amici. Una lettrice ha continuamente bisogno di stimoli, di avventure, di essere stuzzicata. Puoi mentirle, deluderla, ma lei sa che il fallimento conduce al culmine, che anche le cose belle hanno una fine, che si può sempre scrivere un seguito, che si può rincominciare ancora e ancora ed essere sempre l’eroe. Se trovi una ragazza che legge, tienitela stretta, non lasciare che il tempo corroda il vostro legame. Lei parla come se i personaggi dei libri fossero suoi amici, la sua famiglia, perché è nel loro abbraccio che ha sempre trovato rifugio. Scriverete la storia delle vostre vite. Lei insegnerà ai suoi bambini ad amare Elizabeth Bennet e il Cappello Matto e Willy Wonka, forse nello stesso giorno. Camminerete insieme attraverso gli inverni della vostra vecchiaia e lei reciterà Dante sottovoce, perché ha le parole che l’hanno colpita impresse a fuoco nella mente, come un marchio indelebile. Trova una ragazza che legge perché te lo meriti. Ti meriti una ragazza che possa darti la più variopinta vita immaginabile.

Tutti noi siamo portati a interpretare la realtà che ci circonda attribuendole emozioni, desideri, pensieri, scopi, biografie. Quando qualcosa ci smuove abbiamo bisogno di mettere ordine in ciò che proviamo, di dare un senso al caos. E, grazie al potere delle parole, trasformiamo la vita in narrazioni che ci fanno sentire un poco più al sicuro, un poco meno persi. “Raccontami una storia”: è da sempre il primo bisogno dell’essere umano, per sconfiggere la paura del buio, dell’ignoto, dei fantasmi, della morte. In greco antico, il verbo λέγω (légo), che rimanda direttamente al latino “legere”, significava sia “raccogliere”- come il lettore che tra mille e mille raccoglie con cura il libro che ha scelto, o meglio, il libro che lo ha scelto- sia “scegliere”- come in biblioteca, sulle punte dei piedi e la mano tesa verso lo scaffale- sia “raccontare”, “dire”, perché in fondo leggere non è acquistare un libro da tenere per anni su un comodino finché non sarà coperto di polvere, la copertina sbiadita dal sole che ogni mattina filtra dalla finestra, le pagine ingiallite, ma significa, in mezzo a mille e mille storie, saper scegliersi, saper dirsi.
Le migliori favole iniziano con “c’era una volta”. Ma a me questo inizio non è mai piaciuto. E la cosa più bella dei libri non è proprio poterli manipolare, plasmare a proprio piacimento? Allora dirò semplicemente “c’è” e “ci sono”, al presente. Perché ci sono libri che meritano di essere letti e persone che meritano di leggerli. Perché ci sono autori straordinari e lettori entusiasti. Perché non c’era una volta il piacere della lettura. Ma c’è ancora e ci sarà sempre.
Credo che la mia tesi sia emersa abbastanza chiaramente: sono assolutamente convinta nell’affermare che la lettura ha un valore unico, che tutti dovrebbero poter cogliere. I libri non mi hanno mai abbandonata perché quelle pagine offrono supporto a chiunque sia abbastanza coraggioso da leggerle: che tu sia un lettore esperto o una persona che non ha mai aperto un volume, che tu sia maschio o femmina, che tu sia bianco o nero, intelligente o stupido, cattivo o buono. I libri non fanno distinzioni. Ahimè, questo non tutti l’hanno capito. I dati parlano chiaro: nel 2018 in Italia solo il 41,0% della popolazione legge, un numero che mostra come solo 23 milioni e mezzo di italiani si confrontino con almeno un libro una volta l’anno per passione e non per lavoro. Le più attive sono le donne, che sono il 46,2 %. Per fortuna ci sono ancora i cosidetti lettori forti , ossia le persone che leggono almeno un libro al mese. Le fasce d’età più attive sono quelle che vanno dagli 11 ai 14 e dai 55 anni in su. 6 Italiani su 10 non leggono.

La lettura stimola il cervello, ci aiuta ad ampliare il nostro vocabolario, ad arricchire il nostro bagaglio culturale, a contrastare lo stress e migliorare notevolmente la padronanza della lingua e la memoria. Ma credo che il motivo principale per cui le persone non debbano mai negarsi il piacere di perdersi nelle pagine di un libro sia che la lettura ci insegna. E non parlo solo di regole grammaticali e strutture sintattiche: la lettura ci insegna a vivere. Per quanto riguarda la mia esperienza personale, la lettura mi ha insegnato soprattutto che ci sarà sempre un posto per me tra le pagine di un libro. Mi ha insegnato a sognare, a immaginare, ad uscire fuori dagli schemi. Leggendo ho imparato chi sono e chi voglio diventare. Voglio essere coraggiosa come gli eroi della mitologia greca, romantica come Marianne Dashwood, testarda come Elizabeth Bennet, astuta come Sherlock Holmes. Voglio conoscere la follia del Cappellaio Matto, la magia di Harry Potter e la paura degli Hunger Games. Ogni libro ha un posto nella mia libreria come nel mio cuore, perché ogni singola parola ha contribuito a mettere un tassello in più nel mio puzzle, ogni frase ha contribuito a farmi diventare ciò che sono.
Anche numerosi studi scientifici hanno contribuito a sottolineare l’importanza e il valore della lettura. Come ho detto, i dati ISTAT in Italia dimostrano che nel nostro Paese la lettura sicuramente non è l’hobby prediletto. Molti ad esempio affermano che leggere sia solo un’assoluta perdita di tempo, e a un buon libro preferiscono vedere un film o guardare la televisione, “perché è più immediato”. Tutti sono di fretta, non prestano attenzione a ciò che succede attorno a loro, e non hanno mai tempo da dedicare alla lettura. O forse, semplicemente, utilizzano questa scusa per mascherare un’assoluta mancanza della voglia di leggere. Oppure tirano in ballo la salute, dicendo che leggere troppo rovina gli occhi ed è un’attività molto stancante per il nostro cervello. Altri ancora invece la buttano sul lato emozionale: leggere infatti non provoca solo sensazioni positive, e spesso ci porta a fare i conti con realtà, sia all’interno di noi stessi che all’esterno, che non ci sentiamo pronti ad affrontare. Inoltre spesso si hanno dei veri e propri pregiudizi su alcuni libri: questo è un argomento che mi tocca molto, perché io stessa mi sono trovata ad affrontare questi preconcetti tipici soprattutto dei più grandi, che cercano di nobilitare la lettura rendendola sempre più di nicchia e sempre più per pochi. “Se leggi John Green non puoi considerarti un vero lettore, quelli non sono libri” “Se tra i tuoi libri preferiti annoveri Harry Potter e Hunger Games, non sei credibile: quelli sono libri per bambini, anzi, a stento possono essere considerati veri libri” “Solo i classici sono veri volumi, leggi quelli piuttosto che i fantasy”. Ne ho sentite tante di frasi di questo tipo, e ne sono stata sempre ferita: i libri per me hanno tutti la stessa importanza, a prescindere dal genere, dal contenuto dall’autore e dalla fama. Questo non significa che tutti i libri siano belli, anzi. Ci sono buoni e cattivi libri, ma ognuno deve poter leggere ciò che vuole senza sentirsi giudicato. Penso anche che si possa amare un libro pur riconoscendone i difetti.

Per quanto riguarda la considerazione della lettura come perdita di tempo, è un’ affermazione che spesso si attribuisce ai ragazzini. Ma non è così: come possiamo a questo proposito dimenticare il celebre scritto di Shopenhauer “Sulla lettura e sui libri”? Il filosofo tedesco, attorno al 1850, metteva in guardia dal leggere. Soprattutto dal leggere troppo e dal leggere male. «Quando leggiamo, qualcun altro pensa per noi: noi ripetiamo solamente il suo processo mentale... quando si legge ci è sottratta la maggior parte dell’attività di pensare... Quindi accade che chi legge molto e per quasi tutto il giorno, piano piano perde la facoltà di pensare. Questo è il caso di molti dotti: hanno letto fino a diventare sciocchi». E più avanti: «Tanto più si legge, tanto meno ciò che si è letto lascia tracce nello spirito: diventa come una lavagna su cui si è scritto troppo e in modo confuso». Schopenhauer è implacabile: dice che leggere paralizza la fantasia, che siamo circondati da «cattivi libri» («nove decimi della nostra attuale letteratura non ha altro scopo che spillare qualche tallero dalle tasche»), che occorre leggere solo i classici e semmai rileggerli due, tre, quattro volte. Perché la vera letteratura «produce in un secolo in Europa solo una dozzina di opere durature». E poi è anche questione di tempo: «Sarebbe una bella cosa comprare i libri se si potesse comperare il tempo per leggere, ma si scambia per lo più l’acquisto di libri con l’acquisto del loro contenuto». Per quanto riguarda invece la parte inerente alla salute, il dato più citato è il seguente: la fatica di leggere è sia fisica (i nostri occhi non sono fatti per restare incollati a lungo su una pagina o su uno schermo) sia cognitiva: il cervello riconosce e interpreta una stringa di informazioni visive (le lettere che compongono le parole) e le converte in suoni, e poi nei significati legati a quei suoni. Poi deve ripescare nella memoria il significato delle singole parole che a quei suoni corrispondono, e a partire da questo deve ricostruire il senso delle frasi, e dell’intero testo. Tutto in infinitesime frazioni di secondo, e senza pause.
Non posso che essere in disaccordo con il pensiero di Shopenhauer, ma ho già espresso la mia opinione sui pregiudizi riguardanti la lettura. Inoltre nell’educare i ragazzi alla lettura il primo errore secondo me lo commettono le scuole, che la presentano appunto come un’attività obbligatoria. I ragazzi si ritrovano a leggere perché devono e non perché sono davvero incuriositi e invogliati. Fortunatamente non sempre è così: un esempio sono le mie professoresse, che hanno sempre cercato di spingerci alla lettura, di attirarci alla scoperta di quel meraviglioso mondo fatto di carta e inchiostro, con lavori come il taccuino e il libro in una pagina. Se tutte le scuole adottassero questi metodi, forse il divario tra lettori e non lettori non sarebbe così pronunciato e i ragazzi inizierebbero a leggere di più e “meglio”, apprezzando un classico del Novecento così come un fumetto. Riguardo la parte relativa alla salute cito gli studi della British Medical Journal, che afferma come non ci siano pericoli concreti per gli occhi anche leggendo troppo e con luce fioca.
Concludo con una citazione di Umberto Eco:
“Chi non legge a 70 anni avrà vissuto una sola vita, la sua. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito…perchè la lettura è un’immortalità all’indietro”

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